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QUESTIONE DI GUSTO

Ho sempre creduto che il percorso formativo di una persona sia molto di più della sua istruzione, ossessivamente misurabile e misurata, finalizzata allo svolgimento di un ruolo spesso inconsapevole ed indesiderato, pertanto disumanizzante.

L'avventura di crescere è foriera di profumi e sapori, colori e suoni, forme, consistenze. Quanto attiene la sfera cognitiva è solo una parte -per altro minore- della meraviglia che ogni essere umano porta dentro; la sfida diviene allora l'e-ducazione (etimologicamente: l'accompagnare fuori) di questa ricetta stellata che ciascuno porta dentro.

Da qui nasce l'idea di proporre ai fantastici ragazzi delle classi seconde dell'altrettanto mitica Secondaria Pirandello il compito di realtà costruito intorno alla ricetta "Riso oro e zafferano" di Gualtiero Marchesi. 

Ma andiamo con ordine. 

All'inizio dell’anno scolastico provo a fermarmi un attimo per rendermi conto che di fronte a me, in ogni classe, prima che esserci degli alunni, ci sono delle persone meravigliose, uniche ed irripetibili. A loro desidero, fin dal principio, dedicare un augurio. Immaginando di poterli vedere soltanto una volta nella vita, quale sarebbe la cosa più bella e importante che potrei augurar loro? Cos'altro se non la ricetta “Riso, oro e zafferano”?! Il volto di ognuno di loro, appena sentiti i primi ingredienti della ricetta che mi metto a leggere, assomiglia al vostro ora: stranito, confuso… stupito! Forse proprio questo stupore è l’ingrediente qualificante del lavoro di insegnante, il sa-le del sa-pere!

La scelta di una ricetta come augurio di inizio anno vuole dischiudere almeno tre prospettive: 

In primis augurare di avere fame di vita, di conoscenza, di amore. Fame di qualcosa che nutre e fa crescere la vita buona affinché la vita non sia vita morta, ma vita viva, desiderante, ardente. Si tratta forse del compito basilare della scuola e dell’educazione in maniera più ampia. Proprio questa strada, oggi come oggi, è quella che la scuola stessa, a mio avviso, fa più fatica a battere;

In secondo luogo, ciò che auspico per ogni mio alunno è bontà e genuinità. Che possano essere persone con la percezione e l’effettiva fattezza di una vita buona, bella. La genuinità garantisce la qualità della bontà: infatti può essere davvero buono solo ciò che è genuino, nutriente; 

Il terzo aspetto richiama la ricetta nello specifico: Gualtiero Marchesi non ha inventato il risotto alla milanese. Ha “copiato”, ha imparato da mille varianti diverse della stessa ricetta e, alla fine, ha messo se stesso in essa, per renderla unica. Nello stesso modo ogni persona non si inventa dal nulla, ma impara, apprende, “copia” -volente o nolente- dal mondo che lo circonda (alla faccia di chi dice che a scuola è vietato copiare! Ops!). L’augurio allora è certamente quello di poter far propri i moltissimi insegnamenti forniti, senza però dimenticare che questi hanno l’obiettivo di aiutare un allievo a “dire se stesso”, a realizzare la meravigliosa ricetta scritta dentro di lui. 

Ciò detto, ogni classe stabilisce dei piccoli gruppi che, ricetta alla mano, si occuperanno di fare la spesa, cucinare e fare le riprese per raccontare il processo, montare un video e presentarlo alla classe.

Resto sempre stupito di quanti risvolti abbia un’attività di questo genere e di quanto venga apprezzata dai ragazzi. Riflettendoci, mi rendo conto di quanto la nostra didattica provochi un ingozzamento cognitivo (così come definisce Daniela Lucangeli, l’eccessivo carico di nozioni e contenuti) derivante dal desiderio della scuola di dare molto, ma con esiti evidentemente scarsi e deludenti. Occorre forse un cambio di prospettiva che restituisca centralità alla persona e quindi alla sua formazione; un percorso dove l’istruzione sia uno strumento, non un obiettivo; un progetto che si preoccupi di vedere la persona olisticamente per comprendere cosa cerca, e chiedersi, in quanto educatori, di cosa ha bisogno davvero. Solo in seguito è possibile progettare una road-map nella quale si risponda con quello che io (scuola/docente) posso fare per quella persona, posta in quel gruppo. Con ciò risulta evidente la necessità di “fare meno” per poter “fare meglio”. Si rende necessario un discernimento tra ciò che è necessario (se non ho una casa non ha senso che io mi preoccupi delle tendine) e ciò che è indispensabile, irrinunciabile, principale. 

Raccolgo i racconti di ragazzi che stupiscono i loro genitori e si stupiscono di se stessi perché hanno cucinato qualcosa di buono, perché hanno potuto divertirsi con un compito, stare insieme grazie ad esso. Alunni che sviluppano le competenze necessarie per montare un video efficace, figli che mi danno consigli su come essere un buon papà (in una lezione mi raccontavano di quanto i genitori non si fidassero di loro, da lì nacque una mia domanda su “cosa è allora necessario per essere un buon padre?”). Ragazzi e ragazze che sviluppano le loro competenze relazionali e scoprono la bellezza del “far bello insieme” (contrapposto al più diffuso “fare brutto”). Futuri uomini e donne che sconfiggono il bullismo con il “bellismo”. Allievi che partecipano ad una lezione non perché devono, ma perché vogliono. In tanti insegnanti c’è nascosto questo desiderio e spesso manifesta la soddisfazione di averlo realizzato. Mi dà gioia sapere che c’è chi insegna e vive di questa energia.

Vivo della speranza che la scuola diventi sempre più un abbraccio e perda quella rigidità tipica solo di ciò che si spezza molto facilmente.

Essere generativi non è caratteristica solo di un padre o di una madre, ma di chiunque sia in grado di fare qualcosa perché un essere umano maturi il proprio desiderio autentico.

Allego un video divertente di questo laboratorio (perché la cifra fondamentale della vita non è il sacrificio, ma la gioia) ed un componimento poetico di una ragazza che, alla mia domanda di analizzare la sua esperienza circa questo laboratorio, si è sentita di scrivermi così.


Vuoto?

Cucinare non è nel mio stile,

spettegolare lo è.

Semplicemente riempire

il buio freddo di una cucina

con il calore delle parole.

Tramutare una cosa per cui

non vai matto in un’esperienza

piacevole grazie ad una sola persona,

grazie alle sole parole di quest’ultima.


Giulia Procopio




Video di Nicole Cassaro, Giulia Rondina e Mia Truoiolo




prof. Daniele Brognoli


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